Via Roma 5, 20865 Usmate Velate (MB)
Grande come mezza carta di credito, spessa 1,4 centimetri, leggerissima. E' la prima micropompa senza catetere per somministrare l'insulina a diabetici tipo 1, con l'ambizione di migliorare la qualità di vita di queste persone. Presentata oggi a Milano, la micropompa è già disponibile gratuitamente con il Servizio Sanitario Nazionale "in gran parte d'Italia", secondo i dirigenti dell'azienda produttrice (Roche), perché ci sono regioni, o addirittura singole Asl di una stessa regione che non hanno ancora attivato il servizio. Il dispositivo si applica direttamente sul corpo in vari possibili siti, come addome, braccio, parte esterna della coscia, fianchi, zona lombare, glutei ed è costituito da tre componenti: il supporto/cerotto con l'ago cannula che si applica sulla cute, su cui si innestano gli altrui due collegati fra loro, il microinfusore e il serbatoio di insulina. La particolarità è che i tre elementi possono essere sostituiti singolarmente e in modo indipendente l'uno dall'altro. Il supporto/cerotto con l'ago dura tre giorni; il serbatoio dell'insulina fino a un massimio di 4 giorni; il microinfusore, dotato di pulsanti per l'erogazione eventuale del 'bolo' rapido, dura invece fino a quattro mesi. E grazie alla struttura modulare è possibile sostituire le singole parti evitando sprechi di insulina. C'è inoltre un dispositivo di controllo, grande come un telefono cellulare, che consente la misurazione della glicemia e il calcolo del bolo insulinico, oltre che gestire la micropompa attraverso touch screen e tecnologia wireless Blutooth. "Si tratta di una incremento significativo che avvicina il nostro Paese alla media delle altre nazioni europee in cui la terapia insulinica sottocutanea 'in continuo' con microinfusore (CSII) riguarda una persona con diabete tipo 1 su 5", spiega Emanuele Bosi, Primario diabetologo dell'Ospedale San Raffaele, secondo cui il dispositivo "favorisce un miglior controllo della glicemia, con minori fluttuazioni nei livelli di glucosio nel sangue, la riduzione degli episodi di ipoglicemia e, in ultima analisi, la diminuzione del rischio di sviluppare complicanze della malattia". Più limitato, per un insieme di ragioni cliniche, pratiche e organizzative, il ricorso a questo tipo di trattamento nelle persone con diabete tipo 2.